Museo Tridentino di Scienze Naturali dal 11 luglio al 05 ottobre 2008 ARCADIA
opere di Maurizio Boscheri personale di oli su tela
Via Calepina 14 – Trento
11 luglio – 05 ottobre 2008
A cura di Mario Liberali
Inaugurazione venerdì 11 luglio h18,30
presenta Orietta Berlanda
È con una nuova idea di figurazione, non tanto interessata alla resa fedele del dato reale, quanto nell’attribuire a questa scelta stilistica un significato altro, che si confronta l’opera di Maurizio Boscheri, in mostra a Trento presso il Museo Tridentino di Scienze Naturali a partire dall 11 luglio (fino a ottobre 2008).
Nella trentina di opere in mostra, intitolata “Arcadia”, si individuano un insieme di emozioni ed espedienti tecnici volutamente portati all’eccesso: da una parte sospensione e stupore, dall’altra esaltazione timbrica della tavolozza, effetti flou e decorativismo. Ma della natura non potrebbe essere data altra lettura al giorno d’oggi: i documentari scientifici sul regno animale portano in sé un terribile presagio di incombente minaccia di estinzione che interessa sempre più specie animali. E poco ci consola il fatto che ancora oggi vengano trovate specie sconosciute come nell’importante successo del topo-ragno elefante scoperto recentemente dallo staff del Museo Tridentino di Scienze Naturali.
Questa è la ragione che spiega come dietro a tutto il fulgore dei fiori e alla varietà delle razze animali messe in campo da Boscheri si celi una diffusa dimensione malinconica (come in Arcadia. Leopardo africano con toporagno elefante, 2008, oppure in Relax, 2007).
L’impostazione generale dell’opera di Boscheri e la sua particolare attenzione al mondo naturale gli derivano dalla personale esperienza di vita. È autodidatta e, dopo anni di lavoro nell’ambito manageriale delle multinazionali, approda alla pittura rendendosi conto che il linguaggio a lui congeniale per dire qualcosa al mondo è quello dell’arte. La forte attrazione per viaggi in zone esotiche e la conseguente riflessione sul tema della natura vengono espresse dall’artista ricorrendo ad una stratificazione di tecniche: l’aerografo con effetti flash, pittura ad olio e infine ritocchi decorativi circolari, dati in punta di pennello al modo dei dipinti rupestri degli aborigeni australiani, destinati a suggellare un’atmosfera scintillante dei quadri. Il risultato che ne consegue è una serie di opere che si pongono al di fuori da fini meramente illustrativi, proponendosi invece come monito, come una sorta di paradossale “memento mori”, lanciato per rammentare allo spettatore il drammatico rischio di estinzione a cui stanno andando incontro i molti degli animali immortalati.
Orietta Berlanda